“Amore non è amor che muta al mutar dei mutamenti o separarsi inclina
quando altri si separano. Oh no, è un faro irremovibile, che mira la tempesta e
mai ne viene scosso “
Con il sonetto 116 di William
Shakespeare, espressione dell’amore ideale e romantico, mi accingo a scrivere
queste mie righe per parlare dell’esperienza professionale e personale della
mediazione familiare, all’interno delle vesti dell’amore che muta e si separa.
Il “per sempre “ che si infrange dolorosamente nello scoglio duro e difficile della quotidianità e
del conflitto . Che lascia dolore e tristezza .
E’ ciò che accadeva a C e R.,
quando li incontrai per la prima volta. Marte e Venere, pianeti distinti e
opposti, il maschile e il femminile uniti nell’incastro inconsapevole del “noi”
Il loro conflitto non aveva i
tratti del dialogo acceso, rosso e urlato, ma toni soffocati e incerti dal
sapore della noia e della incertezza.
Vivevano insieme nella stessa
casa ma lontani i loro cuori, li aveva portati a vivere due vite distinte fuori
dalla quotidianità dei ritmi familiari. Senza capire cosa stesse accadendo ai
loro sentimenti pur sentendo un legame forte da non voler recidere.
E’ così che di solito si presenta
una coppia in mediazione familiare: non sa cosa stia accadendo davvero al loro
cuore e al loro progetto di vita .
Capire il sentimento che muta e
che ha sapori diversi dalle nostre aspettative ideali, diversi dai miti
familiari e personali celati spesso dietro fiabe e i racconti che ascoltavamo
da bambini. La scoperta dell’avvenuta perdita dell’altra metà della nostra mela
e l’incontro con i desideri e sentimenti di distruzione e distanza.
Il mutare dell’amore nelle sue
forme spesso ne diventa la causa,
quando si pensa e si crede che debba rimanere per sempre presente l’
innamoramento piuttosto che delinearsi come prima fase di un percorso di
crescita insieme verso il sentiero dell’interdipendenza in cui ci si ritrova
distinti e arricchiti dall’incontro con l’altro diverso da me .
Ebbene è dentro il lutto della
perdita d’amore che inizia l’avventura della mediazione familiare, che guarda dentro la coppia
coniugale per capire cosa può essere accaduto ma si rivolge principalmente alla
coppia genitoriale, quella che mai cesserà perchè genitori si è per sempre.
Tra l’elaborazione del lutto di
un sogno sperato e di progetti che si infrangono, di sensazioni di fallimento
per non essere riusciti a realizzare la coppia idealizzata e la famiglia mitizzata, rimangono i figli,
motore e spinta della mediazione familiare.
Quando la coppia si presenta
senza figli, la mediazione ricompone la relazione con l’obiettivo di arrivare
ad un accordo di separazione in cui le parti scelgono intenzionalmente e
consapevolmente come separare beni
e patrimoni. Non facile e spesso tormentato se non si scava all’interno dei
motivi del “la e allora” che fecero innamorare, e diedero origine al
legame di coppia, gli stessi motivi che separano
e allontanano nel “qui e ora” .
Proprio perché la mediazione
familiare lavora all’interno e dentro il conflitto, esso acquista valore e
senso, come modo per ricostruire la comunicazione e la relazione, un dialogo
all’interno di un contatto presente e un sentimento cambiato. Sia che si
esprima con il silenzio che con la rabbia, il conflitto ha dentro motivi
latenti, antichi bisogni che ci portiamo dentro: essere riconosciuti, essere
guardati e visti, essere apprezzati. In ciascuna persona essere amati può avere significati e sapori dei più
diversi a seconda di ciò che ci è mancato o di ciò che voglio riproporre come
modello introiettato: può esserci desiderio di cura e protezione, desiderio di
salvezza e di adorazione, di
dominio come di sottomissione, di appartenenza come di libertà. Questi desideri
d’amore dai colori così diversi si incontrano e stabiliscono un intreccio negli
opposti in cui ci si ritrova
legati nella complementarietà, in giochi e parti che noi scegliamo all’interno
di un copione di vita. Spesso inconsapevole .
E così Marte e Giove, lei con il
suo desiderio di salvezza e riscatto da una vita in cui non si è mai sentita
figlia desiderata e amata, incontra lui, il suo salvatore, un uomo responsabile
e terreno, pragmatico e affidabile. Ma proprio per questa sua natura che lo fa
apparire più come una figura accudente e genitoriale, nel tempo sfuma la
proiezione dell’innamoramento; sparisce l’attrazione fisica nutrita del mistero
iniziale e rimane solo la progettualità della vita insieme, fatta dei ritmi
della quotidianità e dei doveri verso i figli.
Rimane una coppia “cameratesca”,
in cui intimità e progettualità sono presenti, ma manca l’aspetto passionale
che li allontana, andando a cercare in un altro esterno il desiderio di
innamoramento passionale. Ha
inizio così il percorso di tradimento e di crisi che porta Marte e Giove ad un
incontro di mediazione familiare.
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